È stata pubblicata lo scorso 17 aprile 2025 la sentenza del Tar del Lazio n. 7625/2025, pronunciata su ricorso dei professori Paolo Flavio Mondini e Matteo Rescigno, sostenuti tra gli altri da molti professori di diritto commerciale, dall’Associazione Disiano Preite e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, contro il Ministero della Giustizia. Si tratta dell’annullamento del provvedimento del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizî, Direzione generale per i sistemi informatici automatizzati, del 1° dicembre 2023, con cui il Ministero della giustizia comunicava che a partire da tale data «saranno deprecati i web services per l’accesso in consultazione all’archivio giurisprudenziale nazionale (a.g.n.) descritti nel paragrafo 3.3 della documentazione dei servizî web, a seguito della prossima disponibilità della nuova banca dati di merito pubblica (b.d.p.)».
La vicenda trae origine dalla realizzazione, in adempimento di una milestone del Pnrr, di una nuova banca dati contenente tutte le pronunce dei tribunali di merito dal 2016, articolata in una banca dati riservata (b.d.r.), accessibile solamente ai magistrati, e in una banca dati pubblica (b.d.p.), accessibile a chiunque tramite autenticazione, ma con l’oscuramento, c.d. anonimizzazione, dei nomi delle parti (persone fisiche e giuridiche) e delle date.
Il Tar del Lazio, nella sua pronuncia, considera non ragionevole, né proporzionata o necessaria la decisione di anonimizzare tutti i provvedimenti pubblicati nella b.d.p. Si osserva, infatti, che l’oscuramento delle informazioni circa alcuni dati di fatto delle vicende sottese alle decisioni si mostra non coerente con le dichiarate finalità di garantire la diffusione della cultura giuridica, rendendo conoscibili gli indirizzi ermeneutici giurisprudenziali che, sebbene non vincolanti, possono guidare l’azione degli operatori giuridici. In effetti, e su questo aspetto sono molto interessanti le considerazioni nel corpo della decisione, “per intendere la portata di una pronuncia giurisdizionale è doverosa l’esatta definizione della vicenda fattuale: in assenza dalla comprensione di quest’ultima, infatti, il ragionamento giuridico si presenterebbe totalmente speculativo, divenendo oggetto d’interesse puramente teoretico”. Particolarmente significativa è poi un’altra considerazione, con cui si mette in luce un’evidente incoerenza: grazie a un accordo tra il Ministero e l’AIE (Associazione Italiana Editori), alcuni soggetti privati sono autorizzati ad estrarre e pubblicare integralmente tutte le sentenze, salvo i casi di legge e ciò pare contraddire la scelta di fondo di limitare l’accesso completo alle nella b.d.p.
A questi profili si aggiunge la contrarietà della completa anonimizzazione delle sentenze con il disposto degli artt. 51 e 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che nella sostanza consentono la generale accessibilità ai dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, salvo casi specifici. Secondo il Collegio, l’amministrazione incaricata della raccolta in una banca dati dei provvedimenti non può sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione e, quindi, “l’oscuramento generalizzato disposto dalla pubblica amministrazione non appare legittimo, considerato come essa appare interferire in parte anche con una decisione attribuita all’autorità giudiziaria”.
Occorrerà valutare, a questo punto, i prossimi passi dell’amministrazione circa la completezza della banca dati pubblica. Ora, infatti, spetta al Ministero adottare le misure necessarie per adeguarsi alla decisione.
Leggi la sentenza n. 7625/2025 del Tar del Lazio
[Ilaria Capelli, 24 aprile 2025]