Impresa familiare: la Corte costituzionale si pronuncia per la piena equiparazione al “familiare” del “convivente di fatto

La Corte Costituzionale si è pronunciata il 4 luglio scorso, con la sentenza n. 148/2024, sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Cassazione, sezioni unite, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 35 e 36, Cost., all’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) e all’art. 117, comma 1, Cost. (in relazione agli artt. 8 e 12, Convenzione europea dei diritti dell’uomo, CEDU), dell’art. 230-bis, commi 1 e 3, c.c., nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio e, «in via derivata», dell’art. 230-ter c.c.

La Corte Costituzionale, pur ribadendo la diversità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio, ritiene che in relazione alla tutela di diritti fondamentali, quali il diritto al lavoro e alla giusta retribuzione (garantiti dagli artt. 4, 35 e 36 Cost.), sia necessario assicurare un’identità di disciplina tra le due fattispecie. In particolare, l’esigenza di tutela del lavoro reso nell’impresa familiare, che costituisce la ratio alla base della disciplina contenuta nell’art. 230-bis c.c., è la medesima sia nell’ipotesi del coniuge che del convivente di fatto. Pertanto, la Corte rileva la contraddittorietà logica – in relazione all’art. 3 Cost. – dell’esclusione del convivente da una previsione posta a tutela del diritto al lavoro e dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, comma 3, c.c., nella parte in cui non prevede come familiare anche il «convivente di fatto» e come impresa familiare quella a cui collabora il «convivente di fatto».

La Corte estende inoltre la dichiarazione di illegittimità costituzionale in via consequenziale all’art. 230-ter c.c., in quanto attribuisce al convivente di fatto una tutela inferiore e più limitata rispetto a quella garantita ai sensi dell’art. 230-bis c.c. al coniuge e agli altri familiari, non riconoscendo al convivente more uxorio la tutela del lavoro prestato nella famiglia, il diritto al mantenimento, il diritto di prelazione e il diritto di partecipare alle decisioni sulla gestione straordinaria e sugli indirizzi produttivi dell’impresa.

Leggi la sentenza della Corte Costituzionale n. 148/2024

[Silvia Corso, 31 luglio 2024]